AAAA: Art and About Africa e la vibrante scena artistica del continente

Art And About Africa

AAAA: Art and About Africa e la vibrante scena artistica del continente

Obbiettivo: dare voce e supporto alla creatività africana. Come farlo? Ci ha pensato la nuova piattaforma online ideata da AKKA Project.

Lunedì 25 maggio si è festeggiato l’Africa Day, per commemorare la fondazione dell’Organizzazione dell’unità africana (oggi chiamata Unione africana), fondata quello stesso giorno del 1963 ad Addis Abeba. All’epoca ne facevano parte 30 dei 32 stati che avevano raggiunto l’indipendenza.

Da allora di tempo ne è passato, la storia ha fatto il suo corso tra cambiamenti politici e sociali, ma un elemento sembra non essere mutato: la difficoltà nel reperire informazioni veritiere sul continente.

O meglio, la maggioranza delle notizie che ci arrivano sono, per così dire, filtrate da media ed entità estere.

Una nuova sottile forma di dipendenza?

AAAA: Art and About Africa e la vibrante scena artistica del continente

Di questo fenomeno si discute molto: ad esempio se ne è parlato nel convegno tenuto da Africa Rivista proprio questa settimana.

Ma, al di là della definizione teorica che si vuole dare, il quesito di fondo rimane: come fanno gli appassionati d’arte africana a rimanere uptodate?!

Perché se le news di politica, economia ed affari generali sono in qualche modo reperibili tramite media locali (internet dà una grande mano) il mondo della creatività rimane pressoché un territorio inesplorato.

E devo confessarvi che di cambiamenti, anche in questo settore, ne stanno avvenendo tantissimi.

Basti pensare ai risultati d’asta che ottengono alcuni artisti africani o della diaspora, all’aumento degli articoli a riguardo sulle riviste di settore e al moltiplicarsi delle mostre a tema, anche sul territorio italiano.

Chi voglia, però, andare alla “fonte”, scoprire istituzioni culturali locali, musei, studi d’artista come può fare?

Ci ha pensato Art And About Africa, piattaforma online dal 20 febbraio 2020.

AAAA: Art and About Africa e la vibrante scena artistica del continente

L’idea è di Lidija Khachatourian: grande energia, competenza ed una forte passione per l’espressività del continente. Negli anni Lidija ha visitato molte nazioni dell’Africa subsahariana, conoscendo artisti e sviluppando la collezione di famiglia.

È nato così AKKA Project, incubatore e promotore di arte contemporanea made in Africa, con sede a Dubai e a Venezia. Durante la Biennale Arte 2019 Lidijia Khachatourian ha curato il Padiglione Nazionale del Mozambico.

I tempi per un nuovo progetto erano ormai maturi ed ecco che ha fatto la sua comparsa Art And About Africa.

 

Art And About Africa
Courtesy of Art And About Africa www.artandaboutafrica.com

AAAA: Art and About Africa e la vibrante scena artistica del continente

L’obbiettivo del portale è sostenere e far conoscere la scena creativa, in rapida crescita, del continente africano.

Uno spazio digitale dove artisti, organizzazioni ed amanti dell’arte si connettano facilmente.

I collezionisti possono realizzare un vero e proprio itinerario di viaggio: una mappa scaricabile in PDF contenente le istituzioni artistiche, trovate sul portale, che gli piacerebbe visitare.

Basta cliccare sulla città che interessa per scoprire quali luoghi di cultura sono presenti sul suo territorio.

Fatte le proprie scelte, scaricare l’elenco è davvero un “gioco da ragazzi”. Inoltre vi è la possibilità di creare un profilo personale ed aggiungervi i punti culturali “preferiti”: una sorta di wishlist.

Il principio di base è molto semplice, ma non facilmente realizzabile se si pensa alla vastità geografica del territorio e alle profonde differenze che connotano i 54 stati riconosciuti a livello internazionale.

AAAA: Art and About Africa e la vibrante scena artistica del continente

Inoltre i benefici di Art And About Africa per singoli artisti ed istituzioni sono tantissimi: registrandosi al sito caricano le loro informazioni e descrizioni online, mostrano le opere e raggiungono, così, un pubblico più ampio.

Anche gli organizzatori di mostre, biennali, fiere d’arte possono promuovere il proprio evento.

Art And About Africa
AAAA: Art and About Africa e la vibrante scena artistica del continente  Mappa presente sul sito di Art And About Africa www.artandaboutafrica.com

Il servizio si basa su una vasta gamma di ricerche, informazioni, competenze locali ed è stato progettato per essere  accessibile a tutti.

Un vero e proprio motore di ricerca che raccolga in un unico spazio virtuale le informazioni inerenti la scena artistica africana che, normalmente, sono disperse in una miriade di siti web locali, profili Facebook o account poco raggiungibili se non si ha un contatto diretto.

Non si tratta, soltanto, di rendere più accessibili grandi opere, ma anche di stimolare tutti i sensi degli appassionati, includendo aspetti legati alle tradizioni, alla cultura, alla musica, alla moda, al cibo e a molto altro ancora.

scena artistica del continente

Itinerari d’arte, ma non solo.

In un periodo in cui i viaggi sono limitati a causa della pandemia, AAAA non si è fermata, anzi: ha dato vita all’iniziativa artistica di crownfundingArt: an Essential Need” (ArtEN), che mira a fornire sovvenzioni di emergenza agli artisti che vivono in Africa. 

È stata così aperta una call dedicata ai creativi, invitandoli a presentare alcune loro opere. I lavori scelti entreranno a far parte della pubblicazione intitolata proprio “Art: an Essential Need”.

Hanno partecipato perfino guest artist e spazi culturali che hanno diffuso la notizia.

Dopodiché la chiamata è stata rivolta a tutti.

Sì, perché anche noi possiamo contribuire 😉

Fino al 31 maggio, quindi ancora per questa settimana, è possibile acquistare una copia dell’e-book cliccando qui.

Tutto il ricavato verrà suddiviso tra i creativi africani che hanno aderito.

vibrante scena artistica del continente

La pandemia causata dal COVID-19 ci ha dimostrato, ancora una volta, la nostra vulnerabilità livellando, in un certo qual modo, alcune disuguaglianze.

Di fronte ad una malattia sconosciuta l’umanità è ugualmente inerme.

E’ giunto il momento di dare una mano anche a chi sta al di là del Mar Mediterraneo in nome dell’arte e della cultura.

 

 

Arte extraeuropea ed esposizioni: nuove sfide per i Musei delle “Culture”

Arte extraeuropea ed esposizioni: nuove sfide per i Musei delle “Culture”

Acquisizioni, restituzioni, cambiamento di mentalità: tutte prove che attendono i Musei delle “Culture”. Con l’emergenza COVID-19 le operazioni sono in stand by, ma il dado pare tratto 😉

Da alcuni anni i vecchi musei etnologici ed etnografici stanno subendo una radicale trasformazione. Il cambiamento maggiormente visibile per il grande pubblico è quello del nome: Museo delle “Culture”, Museo delle “Civiltà”. Quasi non si sapeva più come ri-definirli.

Sembrava di avere a che fare con qualcosa di spinoso, avendo tanta paura di commettere un passo falso.

Del resto, nell’era della comunicazione di massa, le critiche sono dietro l’angolo e lo “scandalo” è a portata di click. Rimanere nei confini del politically correct obbliga ad essere “funamboli”: si ha sempre paura di cadere e commettere un torto verso questa o quell’altra realtà sociale.

Oltre alla ri-definizione del nome, anche le collezioni degli ex musei etnografici non sono rimaste indenni.

Come sono arrivate quelle opere in Europa?!

In maniera lecita o illecita?!

I proprietari, in origine, sono stati forzati a separarsi da oggetti simbolici e di culto?!

Arte extraeuropea ed esposizioni: nuove sfide per i Musei delle “Culture”

Ma facciamo un passo indietro: con etnologia si intende quella parte dell’antropologia che si occupa di studiare e confrontare le popolazioni attualmente esistenti nel mondo, mentre con etnografia si fa riferimento al metodo con cui operano le ricerche sul campo nelle scienze etnoantropologiche.

Stiamo, dunque, parlando di arti “tribali” o “primarie”…ecco mi pare già di aver offeso qualcuno definendole così -.-

Insomma maschere, statue, oggetti di culto, da cerimonia, ma anche di uso quotidiano (libri, documenti, filmati) tipici di culture extra europee.

arte extraeuropea
Arte extraeuropea ed esposizioni: nuove sfide per i Musei delle “Culture”. Foto scattata durante la mostra “Ex Africa”, Museo Civico Archeologico, Bologna 2019.

Ed in questo mare magnum c’è una storia che voglio raccontarvi e che, penso, pochi di voi conoscano.

Tre anni fa, nel Novembre 2017, il presidente delle Repubblica Francese Emmanuel Macron, si trovava in visita ufficiale in Burkina Faso e, durante un discorso all’Università di Ouagadougou, ha rilasciato delle dichiarazioni memorabili.

Ha, infatti, affermato che il “patrimonio africano non può rimanere prigioniero dei musei europei”. Insomma, di lì a tre anni sarebbe iniziato il processo di restituzione definitiva o temporanea delle opere conservate nelle istituzioni pubbliche francesi.

Un bel colpo! E non solo per i nostri vicini d’Oltralpe!

Arte extraeuropea ed esposizioni: nuove sfide per i Musei delle “Culture”

Si calcola, infatti, che la quasi totalità del patrimonio storico artistico africano si trovi al di fuori del continente.

Una grande parte in Francia, è vero, ma non solo.

Belgio, Germania, Gran Bretagna, Austria ed anche Italia possiedono molti reperti.

Se calcoliamo l’insieme di quanto rimasto nella propria terra d’origine, all’interno dei Musei, arriviamo a circa 3.000 pezzi.

Perché le istituzioni culturali esistono anche in Africa, eccome se esistono!

Certo, non tutti i 54 stati riconosciuti hanno delle strutture museali sviluppate.

Parlando di Africa subsahariana, Camerun, Senegal, Nigeria, Kenya, Ghana, Namibia, Sud Africa sono in testa in quanto a numero di organizzazioni culturali modernamente organizzate.

arte extraeuropea
Arte extraeuropea ed esposizioni: nuove sfide per i Musei delle “Culture”. Mappa delle istituzioni culturali presenti in Africa subsahariana, courtesy of “Restituer le patrimoine africain“, Philippe Rey/Seuil, 2019.

Arte extraeuropea ed esposizioni: nuove sfide per i Musei delle “Culture”

Eppure le loro opere d’arte rimangono nelle strutture europee.

Ben 70.000 reperti al Musée du Quai Branly, Parigi;

75.000 oggetti al Humboldt Forum, Berlino (inaugurazione nel 2020);

180.000 al Musée royal de l’Afrique centrale, Tervuren (Belgio);

69.000 opere al British Museum, Londra;

37.000 al Weltmuseum, Vienna;

70.000 ai Musei Vaticani, Città del Vaticano.

All’appello mancano i reperti conservati nei piccoli musei di provincia, in quelli privati o di proprietà di confraternite religiose.

Ma quando è iniziato questo vero e proprio export di opere d’arte?

All’incirca a fine XIX secolo, quando, dopo la Conferenza di Berlino (1884/1885), iniziò la spartizione dell’Africa da parte delle potenze europee.

Arte extraeuropea ed esposizioni: nuove sfide per i Musei delle “Culture”

arte extraeuropea
Arte extraeuropea ed esposizioni: nuove sfide per i Musei delle “Culture”. Spartizione dell’Africa da parte delle potenze europee.

Così le dichiarazioni di Emmanuel Macron a Ouagadougou hanno provocato effetti anche in altri stati europei, soprattutto all’interno dei cosiddetti Musei delle “Culture”.

Molte associazioni africane si sono mosse per chiedere provvedimenti simili ai propri governi, soprattutto in Germania.

Richieste non nuove: già all’inizio degli Anni Sessanta alcuni stati nazionali africani, di recente costituzione, avevano avanzato simili domande.

Considerate che era il periodo dell’indipendenza delle colonie: il Ghana è stato il primo stato dell’Africa nera ad ottenerla, nel 1957.

Così anche l’UNESCO si era interessato al tema, nel 1978.

Ma non basta una decisione governativa per innescare il processo. Servono studi adeguati per arrivare allo spostamento delle opere.

Così la Francia ha assegnato ufficialmente l’incarico ad un pool di studiosi, che ha messo in piedi un programma di ricerca ed azione riassunto nella pubblicazione “RESTITUER LE PATRIMOINE AFRICAIN“, redatta da F. Sarr e B. Savoy e pubblicata a Novembre 2019.

Ma quali sono le maggiori difficoltà che i ricercatori hanno incontrato in questo percorso? Complessità che tutti gli stati europei incontreranno una volta che aderiranno a tale processo.

– LEGISLAZIONE 

Molto spesso, all’interno delle costituzioni nazionali, esistono delle clausole che ostacolo un’eventuale restituzione, soprattutto se permanente. Tornando all’esempio francese, l’”inalienabilità del patrimonio nazionale” è uno dei nodi ancora da sciogliere per poter mettere in pratica lo spostamento dei beni.

– ACCERTAMENTO DELLA PROVENIENZA

Se molti beni sono stati acquisiti durante il periodo coloniale, in maniere non proprio legittime, altri sono stati acquistati sul mercato antiquario. E qui si apre un bel dibattito: la loro provenienza è lecita? Bisogna distinguere tra beni legalmente ottenuti, anche tramite donazioni da parte di capi di stato non collusi, e beni provenienti da fonti illecite.

– INVENTARI ED ACCOMPAGNAMENTO DELLE OPERE

Il numero dei reperti presenti in Europa non è chiaro. Come accennato in precedenza mancano all’appello le testimonianze custodite nei piccoli musei provinciali. Chiaramente, nel progetto francese, non sono compresi i musei e le collezioni private. Inoltre, al di là delle sculture ed altre forme di espressione, ci sono anche i documenti, i manoscritti, i libri: le testimonianze custodite negli archivi europei meriterebbero un’indagine a sé stante.

Una volta risolti i punti di cui sopra, scelti i beni da restituire (processi, appunto, lunghi e complessi), bisognerà mettere in piedi un team bilaterale di studiosi che accompagnino il trasporto degli oggetti e soprattutto il loro ricollocamento locale. Servirà, inoltre, un sistema amministrativo collaudato per favorire l’inoltro delle domande di restituzione da parte dei singoli stati.

Burocrati, antropologi, psicologi, storici dell’arte, giuristi: numerose figure professionali dovranno essere coinvolte.

Al momento non ho notizie dei progressi raggiunti sul fronte della restituzione da parte della Repubblica francese.

Spero vivamente che, dopo tanti discorsi e dispendio di energie, non finisca tutto nel “dimenticatoio”.

L’Italia, al momento, sembra la nazione meno toccata da questo movimento, latente agli occhi dei più, ma che in realtà si è messo in moto.

Arte extraeuropea ed esposizioni: nuove sfide per i Musei delle “Culture”

Ma siamo davvero sicuri che non ci tocchi?!

L’annosa questione dell’Obelisco di Axum dovrebbe averci insegnato qualcosa…perlomeno a non farci trovare impreparati.

La popolazione europea è sempre più vecchia, quella africana sempre più giovane.

Se davvero vogliamo portare sviluppo nel continente al di là del Mar Mediterraneo, di cui ogni giorno parlano i tg nazionali, dobbiamo iniziare ad aiutarli nella ricostruzione delle loro radici.

La collezione Durand-Dessert va all’incanto da Christie’s

La collezione Durand-Dessert va all'incanto da Christie's

Martedì la filiale parigina della nota casa d’aste ha messo all’incanto 105 pezzi di arte africana provenienti dalla collezione dei galleristi francesi.

Nel 1975 Michel e sua moglie Liliane aprivano la loro prima galleria d’arte in uno dei quartieri più poliedrici e caratteristici della capitale francese: il Marais.

Una scommessa“, dichiareranno in seguito, assolutamente vinta.

Per 30 anni i coniugi Durant-Dessert si sono imposti sul mercato internazionale dell’arte con artisti del calibro di Richter, Beuys, Parmiggiani.

Altro cavallo di battaglia del loro spazio, chiuso nel 2004, era l’Arte Povera

Proprio nello stesso anno il Museo di Grenoble dedicava al lavoro della coppia una retrospettiva intitolata: “L’art au futur antérieur – L’engagement d’une galerie“.

Titolo ripreso nella vendita di Christie’s. 

L’arte al futuro anteriore“, un’espressione spesso utilizzata dai due galleristi. 

Nella grammatica francese si usa questo tempo verbale per formulare ipotesi su azioni che si saranno concluse nel momento in cui si parla.

O che comunque saranno terminate in un determinato futuro.

Curiosa espressione per due appassionati di contemporaneo…che dovrebbe far riflettere i molti speculatori che oggi giorno si danno all’arte per affari 😉 

La collezione Durand-Dessert va all'incanto da Christie's
La collezione Durand-Dessert va all’incanto da Christie’s. Immagine del volume edito dal Museo di Grenoble in occasione della retrospettiva sulla Galleria Durand-Dessert.

Forse non tutti sanno però che Michael e Liliane sono sempre stati amanti dell’arte africana.

Tutto è cominciato a metà degli Anni Ottanta quando iniziarono a visitare alcune esposizioni dedicate al tema in Francia e negli Stati Uniti.

Tra queste vi era anche “African Aesthetics: The Carlo Monzino Collection“, intitolata all’importante collezionista italiano, all’African Center di New York.

Fu poi essenziale l’amicizia nata con un altro grande amatore del genere: Baudouin de Grunne.

Così, nel 1986,  i Durand-Dessert acquistarono la loro prima opera africana.

Una collezione che nel tempo è cresciuta in maniera sistematica cullata da una speciale dedizione.

Del resto le raccolte “sono dei ritratt[i], e [ne]gli oggetti a volte ci riconosciamo, a volte ci proiettiamo” affermava Michel.

Già in passato altre case d’asta avevano curato la vendita di lotti provenienti dai beni Durand. Sotheby’s, ad esempio, aveva messo all’incanto alcuni celebri pezzi contemporanei.

Questa volta è toccato a 105 lotti “tribali”.

Preferisco menzionare il termine “tribale” tra virgolette in quanto davvero desueto per definire l’arte del continente come avevo riportato in un mio precedente articolo.

Devo dire che i risultati della vendita non sono stati niente male, anche se non tutto è stato acquisito.

Complessivamente il totale del venduto ha toccato la quota di 6.124.250,00 Euro.

Il lotto più costoso è stato il 72: la figura Mbembe proveniente dalla Nigeria e datata XVII-XVIII secolo.

La donna intenta a suonare un tamburo è stata battuta per 1.927.500 Euro.

In realtà il valore dell’opera era stimato 2.000.000 – 3.000.000,00 di Euro.

Dunque il compratore ha fatto un “affare”  😉

Le sculture Mbembe sono tra i più antichi e spettacolari manufatti in legno dell’Africa sub-sahariana. Ad oggi ne sono arrivate fino a noi meno di 20. 

La collezione Durand-Dessert va all'incanto da Christie's
La collezione Durand-Dessert va all’incanto da Christie’s. Figura femminile Mbembe intenta a suonare un tamburo, legno, XVII-XVIII sec., Nigeria sud-orientale.

Eccezionale anche la statua Fang appartenuta al celebre mercante Paul Guillaume da sempre annoverata tra le opere simbolo del classicismo africano.

La collezione Durand-Dessert va all'incanto da Christie's
La collezione Durand-Dessert va all’incanto da Christie’s. Statua Fang, Gabon, appartenuta al mercante Paul Guillaume.

Curioso che quest’ultimo pezzo non sia stato aggiudicato.

Non c’è che dire: l’arte africana, anche quella contemporanea, attira sempre di più collezionisti e semplici curiosi.

Le mostre dedicate al tema si stanno via via moltiplicando.

Tanto per citarne una al MAXXI di Roma, fino a Novembre 2018, va in scena “African Metropolis. Una città immaginaria” che si presenta come “una panoramica approfondita sulla scena artistica e culturale del continente africano“.

Eppure l’arte africana non riesce ancora a camminare a braccetto dell’arte europea, come si nota dai risultati delle aste. 

Ottime riuscite, ma non comparabili ai record raggiunti da un Fontana o da un Picasso.

A cosa è dovuto tutto ciò?

Una conoscenza del genere tuttora poco approfondita anche tra gli operatori del settore?

Ignoranza sull’argomento accompagnata da un’immagine non edificante dell’Africa trasmessaci dai media? Razzismo? 

Senza arrivare al disfattismo, forse la soluzione è più semplice: probabilmente il mito del “buon selvaggio” e l’idea novecentesca dell'”arte negra” non ci hanno ancora abbandonato del tutto.

Un Fontana è pure sempre un Fontana“, non paragonabile a qualsivoglia artista africano coevo, mi sembra di sentir riecheggiare…

In realtà il concetto di diverso, di estraneo dai nostri paradigmi esiste finché sopravvivono i paradigmi stessi. Appena si cambia punto di vista anche ciò che inizialmente è considerato differente muta. 

Perché alla fine “l’unica cosa che conta è la bellezza formale dell’oggetto e contemporaneamente il sentimento che crea; qualcosa che è profondamente vero, essenziale e vitale” come sosteneva il collezionista Baudouin de Grunne parlando della raccolta dei Durand-Dessert.

La collezione Durand-Dessert va all'incanto da Christie's
La collezione Durand-Dessert va all’incanto da Christie’s. Cimiero gianiforme Ungulali.