San Celso, Africa e arte: Mauro Brovelli si racconta

San Celso, Africa e arte: Mauro Brovelli si racconta

San Celso, Africa e arte: Mauro Brovelli si racconta

Ha esposto a Dicembre nella magnifica cornice dello Spazio San Celso, in Corso Italia 39: ora l’artista illustra la sua poetica in esclusiva ad Art Nomade Milan

 

Voi credete nel caso?

Intendo la coincidenza di elementi ed episodi fortuiti che, uniti, creano un percorso definito.

Alcuni lo chiamano destino, altri tύχη…Ecco, io un pochino ci ho sempre creduto e dopo aver visitato la mostra “Sincro” allo Spazio San Celso ancora di più.

Il protagonista della retrospettiva è stato Mauro Brovelli, classe 1977, nato in un piccolo comune nelle colline comasche. L’amore per le zone nascoste, i boschi ed i luoghi distanti dalla folla lo ha accompagnato anche nel trasferimento a Milano. La meta? Il corso di scultura all’Accademia di belle arti di Brera.

Ma Mauro non è semplicemente uno scultore: il suo percorso artistico lo ha portato ad interessarsi anche ad altre forme comunicative, all’arte multimediale, analitica, introspettiva e materica. Si è messo soprattutto ad indagare il presunto meccanismo di regolazione degli eventi, mossi da una sincronia concatenata di per sè insondabile.

Proprio da questa ricerca è nata “Sincro“, curata dalla bravissima Elisabetta Mero de lartquotidien.

Il titolo richiama il volume del 1952 di Carl Gustav JungSincronicità“. Ho avuto la fortuna di essere accompagnata nel percorso di visita direttamente dall’artista che mi ha illustrato la sua poetica e la concatenazione di eventi che hanno generato le opere in mostra, legate tra loro.

Tutto partiva dal corto digitale “Ulisse”, della durata di 5 minuti, interpretato da Cheik Hamalla. Ed ecco la prima scoperta: molte opere esposte richiamavano l’Africa!!

Vedete…i casi della vita 😉

L’idea di girare un video è partita da un blister dorato per cioccolatini trovato per strada: carta da alimenti che rivestiva la canoa sospesa al centro dello spazio. Ma procediamo con ordine.

San Celso Mauro Brovelli

San Celso Mauro Brovelli
“Arca Dorata”, 2017, canoa riprodotta con blister termoformati e ferro

L’artista ha deciso di produrre un video dove trasparisse il suo amore per i luoghi underground e ha scelto di coinvolgere il suo amico Cheik Hamalla. La trama parla di un ex soldato maliano che torna in Italia e decide di vivere distante da tutti, nella boscaglia, con solo lo stretto necessario, senza credo politico o religioso. Il suo amico fidato, un cane, lo accompagna: quasi una rivisitazione di “Into the Wild”. Per sostentarsi pesca e proprio durante le riprese, nei pressi del lago di Pusiano, ecco accadere la seconda coincidenza. Dopo la carta di cioccolatini, l’artista trova una canoa abbandonata…

In realtà altri elementi del copione sono “arrivati” in maniera causale: la rete da pesca stessa ad esempio.

Così, piano piano, la storia si è “montata” da sola, delineandosi grazie al caso.

Il ritrovamento della canoa ha fatto nascere in Mauro l’idea di progettarne una e, dopo la prova di diversi materiali, ha pensato di rivestirla proprio dei blister dorati che, scaldandosi, assumevano la forma adeguata.

La carta del cioccolato, entrata nel percorso artistico di Mauro quasi per magia, simboleggia un’estetica del dono, della festa, del lusso che ben si collega ad un’opera precedente, anch’essa inserita nel percorso espositivo.

San Celso Mauro Brovelli

San Celso Mauro Brovelli
“cakeB”, 2017, fusione in stagno

cakeB“, del 2017, rappresenta una torta saint honoré all’apparenza molto preziosa: come l’oro in cui è incartato il cioccolato anche l’argento di “cakeB” si rivela in realtà una fusione in stagno, materiale molto meno prezioso.

Comunicazione ingannevole, società dell’apparenza: il percorso di visita mi ha fatto riflettere su temi importantissimi per il nostro quotidiano.

Dunque un'”estetica fake” che caratterizzava “Arca Dorata” (2017, canoa riprodotta con blister termoformati e ferro), “cakeB”, ma anche i vetri stampati “Egitto1”, “Egitto2” ed “Egitto3”.

San Celso Mauro Brovelli
“Egitto1”, 2017, tecnica mista

Il ritrovamento di alcune foto rappresentanti un souq egiziano sono alla base di queste tre opere. In certi scatti si riconoscono suppellettili medio orientali dorati in linea con l’idea di un’estetica paradossale: le forme vengono smentite dal materiale di cui sono composte.

Unendo tutti gli scatti si poteva ricreare un’intera inquadratura del mercato, ma l’artista ha scelto non solo di ricomporlo, ma di aggiungere, in una sorta di collage, anche altri sfondi del Cairo. Un effetto davvero curioso. La volontà era quella di non creare una visione normale, quadrata, ma delle visioni ristrette da un elemento che non fosse una semplice cornice. Così l’artista ha pensato di utilizzare dei finestrini di un mezzo agricolo che aveva in studio. La coincidenza che un conoscente avesse una stampante per vetro ha fatto il resto.

San Celso Mauro Brovelli

Egitto
“Egitto2”, 2017, tecnica mista

Seguire gli accadimenti sincronici senza il principio di causa ed effetto con cui siamo soliti leggere la realtà occupa davvero tanto tempo: non puoi sapere con anticipo quando succederà qualcosa 😉

Così l’esposizione di San Celso si è sviluppata in un arco temporale piuttosto lungo, 3/4 anni, necessari per dare un fil rouge al tutto, arrivando ad un concerto di simbologie e concetti etici.

Simboli che si ritrovavano anche in “Archetipo 2”, una fusione in lega (stagno, piombo, zinco, bismuto) rappresentante una testa di pesce spada con in bocca due triglie.

pesce spada
“Archetipo 2”, 2017, fusione in lega

Il pesce spada è un sogno ricorrente dell’artista, al quale non è ancora riuscito a dare un significato preciso. Tutti i materiali “alchemici” con i quali è composto sono stati estratti da oggetti di scarto come i piombini per automobili.

La poetica di Mauro Brovelli si avvicina molto ai concetti di ready made, di objet trouvé: in chiusura dell’esposizione si trovava uno dei pezzi a mio giudizio più significativi.

“San Carlo” è un modellino di piroscafo trovato in un collegio abbandonato dedicato proprio al santo molto famoso in Lombardia. Cercando informazioni sulla struttura, l’artista è riuscito a reperire solo alcune cartoline, che ha acquistato online. Una volta arrivate ha scoperto che una di esse era stata scritta proprio da un certo Carlo…

Questa propensione ad indagare l’evolversi naturale degli eventi Mauro Brovelli l’ha sempre avuta. Negli anni passati si è dedicato molto all’indagine formale utilizzando tubi riempiti di colate di gesso: una fisica del tempo, dell’evoluzione casuale.

E dopo San Celso, quale sarà il suo percorso in questo 2020?!

“Per il futuro mi farò guidare dal caso: naturalmente non c’è altro modo. Ricomincerò l’indagine tramite le forme tubolari, le sculture sul tema della sincronicità e degli incroci, senza però tralasciare il format del video. Come vedi alla fine è tutto in divenire, tutto aperto….non c’è niente di deciso.”

La collezione Durand-Dessert va all’incanto da Christie’s

La collezione Durand-Dessert va all'incanto da Christie's

Martedì la filiale parigina della nota casa d’aste ha messo all’incanto 105 pezzi di arte africana provenienti dalla collezione dei galleristi francesi.

Nel 1975 Michel e sua moglie Liliane aprivano la loro prima galleria d’arte in uno dei quartieri più poliedrici e caratteristici della capitale francese: il Marais.

Una scommessa“, dichiareranno in seguito, assolutamente vinta.

Per 30 anni i coniugi Durant-Dessert si sono imposti sul mercato internazionale dell’arte con artisti del calibro di Richter, Beuys, Parmiggiani.

Altro cavallo di battaglia del loro spazio, chiuso nel 2004, era l’Arte Povera

Proprio nello stesso anno il Museo di Grenoble dedicava al lavoro della coppia una retrospettiva intitolata: “L’art au futur antérieur – L’engagement d’une galerie“.

Titolo ripreso nella vendita di Christie’s. 

L’arte al futuro anteriore“, un’espressione spesso utilizzata dai due galleristi. 

Nella grammatica francese si usa questo tempo verbale per formulare ipotesi su azioni che si saranno concluse nel momento in cui si parla.

O che comunque saranno terminate in un determinato futuro.

Curiosa espressione per due appassionati di contemporaneo…che dovrebbe far riflettere i molti speculatori che oggi giorno si danno all’arte per affari 😉 

La collezione Durand-Dessert va all'incanto da Christie's
La collezione Durand-Dessert va all’incanto da Christie’s. Immagine del volume edito dal Museo di Grenoble in occasione della retrospettiva sulla Galleria Durand-Dessert.

Forse non tutti sanno però che Michael e Liliane sono sempre stati amanti dell’arte africana.

Tutto è cominciato a metà degli Anni Ottanta quando iniziarono a visitare alcune esposizioni dedicate al tema in Francia e negli Stati Uniti.

Tra queste vi era anche “African Aesthetics: The Carlo Monzino Collection“, intitolata all’importante collezionista italiano, all’African Center di New York.

Fu poi essenziale l’amicizia nata con un altro grande amatore del genere: Baudouin de Grunne.

Così, nel 1986,  i Durand-Dessert acquistarono la loro prima opera africana.

Una collezione che nel tempo è cresciuta in maniera sistematica cullata da una speciale dedizione.

Del resto le raccolte “sono dei ritratt[i], e [ne]gli oggetti a volte ci riconosciamo, a volte ci proiettiamo” affermava Michel.

Già in passato altre case d’asta avevano curato la vendita di lotti provenienti dai beni Durand. Sotheby’s, ad esempio, aveva messo all’incanto alcuni celebri pezzi contemporanei.

Questa volta è toccato a 105 lotti “tribali”.

Preferisco menzionare il termine “tribale” tra virgolette in quanto davvero desueto per definire l’arte del continente come avevo riportato in un mio precedente articolo.

Devo dire che i risultati della vendita non sono stati niente male, anche se non tutto è stato acquisito.

Complessivamente il totale del venduto ha toccato la quota di 6.124.250,00 Euro.

Il lotto più costoso è stato il 72: la figura Mbembe proveniente dalla Nigeria e datata XVII-XVIII secolo.

La donna intenta a suonare un tamburo è stata battuta per 1.927.500 Euro.

In realtà il valore dell’opera era stimato 2.000.000 – 3.000.000,00 di Euro.

Dunque il compratore ha fatto un “affare”  😉

Le sculture Mbembe sono tra i più antichi e spettacolari manufatti in legno dell’Africa sub-sahariana. Ad oggi ne sono arrivate fino a noi meno di 20. 

La collezione Durand-Dessert va all'incanto da Christie's
La collezione Durand-Dessert va all’incanto da Christie’s. Figura femminile Mbembe intenta a suonare un tamburo, legno, XVII-XVIII sec., Nigeria sud-orientale.

Eccezionale anche la statua Fang appartenuta al celebre mercante Paul Guillaume da sempre annoverata tra le opere simbolo del classicismo africano.

La collezione Durand-Dessert va all'incanto da Christie's
La collezione Durand-Dessert va all’incanto da Christie’s. Statua Fang, Gabon, appartenuta al mercante Paul Guillaume.

Curioso che quest’ultimo pezzo non sia stato aggiudicato.

Non c’è che dire: l’arte africana, anche quella contemporanea, attira sempre di più collezionisti e semplici curiosi.

Le mostre dedicate al tema si stanno via via moltiplicando.

Tanto per citarne una al MAXXI di Roma, fino a Novembre 2018, va in scena “African Metropolis. Una città immaginaria” che si presenta come “una panoramica approfondita sulla scena artistica e culturale del continente africano“.

Eppure l’arte africana non riesce ancora a camminare a braccetto dell’arte europea, come si nota dai risultati delle aste. 

Ottime riuscite, ma non comparabili ai record raggiunti da un Fontana o da un Picasso.

A cosa è dovuto tutto ciò?

Una conoscenza del genere tuttora poco approfondita anche tra gli operatori del settore?

Ignoranza sull’argomento accompagnata da un’immagine non edificante dell’Africa trasmessaci dai media? Razzismo? 

Senza arrivare al disfattismo, forse la soluzione è più semplice: probabilmente il mito del “buon selvaggio” e l’idea novecentesca dell'”arte negra” non ci hanno ancora abbandonato del tutto.

Un Fontana è pure sempre un Fontana“, non paragonabile a qualsivoglia artista africano coevo, mi sembra di sentir riecheggiare…

In realtà il concetto di diverso, di estraneo dai nostri paradigmi esiste finché sopravvivono i paradigmi stessi. Appena si cambia punto di vista anche ciò che inizialmente è considerato differente muta. 

Perché alla fine “l’unica cosa che conta è la bellezza formale dell’oggetto e contemporaneamente il sentimento che crea; qualcosa che è profondamente vero, essenziale e vitale” come sosteneva il collezionista Baudouin de Grunne parlando della raccolta dei Durand-Dessert.

La collezione Durand-Dessert va all'incanto da Christie's
La collezione Durand-Dessert va all’incanto da Christie’s. Cimiero gianiforme Ungulali.