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Quattro chiacchiere con…Eleonora Rebiscini – Art Nomade Milan

Eleonora Rebiscini

Quattro chiacchiere con…Eleonora Rebiscini – Art Nomade Milan

Avete presente le scatolette di “Merda d’artista” di Piero Manzoni?! Beh, questa settimana Eleonora Rebiscini ci racconta qualcosa in più sul progetto @fecidartista…

Finalmente sono riuscita a fare quattro chiacchiere con Eleonora Rebiscini: romana, classe 1992, è riuscita a coniugare le sue due grandi passioni, arte e digital marketing, in un interessante sbocco lavorativo.

Come ha fatto?!

Tanta “voglia di fare”, fantasia, tenacia e…il resto lo scoprirete nelle prossime righe.

Alla faccia di chi ancora crede che con “l’arte non si mangi” 😉

– Eleonora, quale è la tua formazione e la tua attuale professione?

Ciao Elisabetta! Mi sono laureata in Storia dell’Arte con il massimo dei voti nel 2018. Mentre scrivevo la tesi ho vinto una borsa di studio presso il Sole 24 Ore. Ho così iniziato il Master full time di un anno in Economia e Management dell’Arte e dei Beni Culturali. Dopo una brevissima esperienza di stage, ho deciso di aprire la P.IVA e portare avanti le mie due grandi passioni: l’arte ed il digital marketing. Inizialmente mi occupavo solo nel business di famiglia come social media manager. Nell’ultimo anno, invece, ho lavorato anche nel settore artistico: consulenze strategiche in ambito social media per artisti e piccoli business legati all’arte (es. gallerie e case d’asta).

Ci racconti qualcosina sul progetto @fecidartista?

Feci d’Artista è la prima rubrica nata su Instagram, fatta dagli storici dell’arte per gli storici dell’arte. Sul web è pieno di progetti editoriali, utilissimi, dedicati a divulgare l’arte e la cultura. Nessuno, invece, pensa agli operatori del settore culturale, che non se la passano bene. Un anno fa ho deciso di creare uno spazio dove giovani lavoratori, precari e non, hanno parlato delle loro esperienze d’impiego nel settore. Feci d’Artista ha un duplice scopo: sensibilizzare il pubblico sui vari mestieri del sistema culturale, spesso sconosciuti (la prima puntata spiega la differenza fra exhibition manager e curatore) e spronare i giovani studenti di materie umanistiche a non darsi per vinti. Da qualche parte, là fuori, c’è il lavoro che desiderano. Basta essere molto tenaci nel volerlo ottenere. Detto questo, più volte mi sono schierata a favore delle associazioni che si battono contro la precarietà nel nostro settore. Un ambito bellissimo, ma tutt’altro che facile.

 

Eleonora Rebiscini
Quattro chiacchiere con…Eleonora Rebiscini – Art Nomade Milan  Logo della rubrica Feci d’Artista

 

– Da 1 a 10 quanto è importante incoraggiare i giovani italiani che intraprendono una carriera nel mondo artistico culturale?  Eleonora Rebiscini

Direi 10. Quando ero all’università serpeggiava un diffuso sentimento di rassegnazione. Molti di noi erano consapevoli che, dopo la laurea, sarebbe stato necessario continuare a studiare (ne ero convinta anche io, altrimenti non avrei fatto il Master). Altri erano certi di dover accettare stage non retribuiti: non si sarebbero mantenuti grazie a ciò che avevano studiato. L’università non fa molto per convincerti del contrario. Eravamo tutti parecchio insofferenti. Mi ricordo benissimo quell’ironia diffusa sul fatto che avremmo lavorato al McDonald: in realtà ognuno di noi era tremendamente spaventato. Ecco, in una situazione simile, invece di fare uno scroll down disperatissimo su Instagram alla ricerca di qualche outfit, avrei volentieri seguito una pagina come Feci d’Artista. Persone che, poco più grandi di me, mi raccontavano come era il mondo lì fuori, dove lavoravano, spiegandomi che non esiste solo il curatore come mestiere nell’arte. La vera soddisfazione che ho nell’aver creato questo progetto editoriale è sentirmi dire: “da quando seguo Feci d’Artista, mi si è riaccesa un po’ di speranza!”

– Secondo te i social media possono bastare per una buona strategia di digital marketing? I cari vecchi blog sono “morti e sepolti”?!  Eleonora Rebiscini

Assolutamente non bastano. Il digital marketing è fatto di Google Ads, di Facebook Ads, di e-mail marketing: elementi che nell’arte non si conoscono, ma che fanno la differenza. Il blog lo ritengo importantissimo, io stessa vengo da lì. Ho scritto per un blog due anni fa, il mio primo progetto online retribuito nel settore artistico.  Poi ne ho aperto uno mio che però ha avuto vita breve. Il blog è importante per diverse ragioni: con una buona ottica SEO ti indicizza su Google, fidelizza il tuo cliente, ti dà dei contenuti che puoi modulare sulle piattaforme social. Io stessa ne parlo con i miei clienti per consigliare loro un approccio che permetta di scrivere contenuti andando incontro alle proprie esigenze di tempo. Il problema è che spesso le persone vedono il blog come un diario in cui uno riversare le proprie passioni: non è così, non c’è cosa più analitica della scrittura da blog. Mi hai fatto tornare la voglia di riaprire il mio!

– Facebook, Instagram, Tik Tok, Twitter, Youtube: quale è la tua personale classifica d’importanza pensando ad un utilizzo connesso ai beni culturali?

Se fossi un Museo direi:

  • Facebook (aprire un gruppo e creare una community, sponsorizzare eventi)
  • Instagram (per intercettare i millennials e farli interagire con le IG Stories)
  • Tik Tok (per intercettare la generazione Z – lo considero, quindi, al pari di Instagram)
  • Youtube (per i contenuti lunghi, che danno al Museo uno spessore)
  • Twitter: sono ignorante in materia, non so rispondere.

Per quel che riguarda me, devo dire che Instagram mi permette di farmi conoscere e Linkedin di lavorare. Ultimamente sto sperimentando Tik Tok e devo dire che mi è andata bene: la ricerca organica funziona in modo egregio. Un video ha raggiunto le 40.000 views.

– Non credi che le istituzioni artistico culturali italiane siano un po’ indietro sul fronte social rispetto ai colleghi europei, americani ed asiatici?

Dipende dai musei, alcuni sono in linea: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Madre Napoli, MAXXIGalleria Nazionale. Se mi sono dimenticata qualcuno, chiedo scusa, ma questi sono quelli che seguo con più assiduità. Credo che i problemi dei nostri musei, quelli che non si trovano nelle grandi città, siano svariati: i social media, purtroppo, non godono ancora di buona fama. Il “potevo farlo anche io” è di prassi anche in questo settore, non solo nell’arte contemporanea. Se uniamo la mancanza di fondi pubblici, il precariato e tutto quello che sappiamo, forse i social media sono l’ultima delle loro difficoltà. Cinque anni fa ho studiato la presenza online dei siti web dei musei italiani: prima dei social media, bisogna capire cosa trova la gente quando ti cerca su Google.  Diciamo che molto spesso la risposta è: niente. Questo è il motivo per cui, nelle mie consulenze, fornisco anche la possibilità di creare un sito web da zero: la comunicazione parte da prima dei social.

– Artisti emergenti e mondo digitale: incontro spesso giovani creativi con profili social poco curati e senza un sito web. Gli strumenti digital sono importanti per emergere ed anche per vendere le proprie opere?  Eleonora Rebiscini

Sì, questa è la mia battaglia personale. Come dicevo prima, il sito web è fondamentale. Quando apro il computer e cerco qualcosa su Google, mi da molto fastidio trovare le pagine Instagram: per quelle ho il cellulare. Se cerco un nome su Google, vorrei trovare un sito web che mi dia tutte le informazioni di cui ho bisogno. Molto spesso mi capita di cercare artisti per lavoro e la situazione non è delle migliori. Io non sono una collezionista o un gallerista, ma se lo fossi, mi girerebbero parecchio le scatole. L’artista, almeno nella fase iniziale della sua carriera, è un imprenditore a tutti gli effetti: lavora con l’immagine delle sue opere e la sua personalità. Se non si fa trovare, il suo sforzo è vano. Sono comunque d’accordo sul fatto che, nel momento in cui la carriera decolla, è giusto che la galleria metta il creativo nella condizione di lavorare e si faccia carico della sua immagine. Ma, prima, è tutto nelle mani dell’artista. Deve giocarsi bene le carte che ha.

Venivano ad un argomento, trattato sul tuo profilo IG, che aveva catturato molto la mia attenzione: millenials e generazione Z. Ci spieghi le differenze?

Quell’argomento ha scaturito molto interesse e ho avuto la casella di messaggi Instagram pieni per giorni! Al Talking Galleries di Barcellona (gennaio 2020) si è parlato essenzialmente di come il mercato dell’arte sia fondato su dei presupposti che i millennials (i nati dal 1980 al 1994) e la generazione Z (i nati dal 1995 al 2015) non accettano più. Siamo abituati all’acquisto online, all’informarci prima di comprare un prodotto, ad avere tutto a portata di click. Nel mercato dell’arte questo si dovrebbe tradurre in: trasparenza di prezzo quando entro in galleria (rarissimo); possibilità di acquistare un’opera online (di solito una galleria non ha il proprio e-commerce); comunicazione efficace sui social e sul sito web (il vecchio catalogo in PDF e la Newsletter, diversa dall’e-mail marketing, cominciano ad essere desueti). Questo argomento lo trovo molto interessante perché credo che rifletta il modo di vedere il mondo che abbiamo noi giovani: smart e a portata di mano. I cosiddetti boomer (i nati durante il boom economico) hanno dei comportamenti d’acquisto che ormai non riflettono più il mercato attuale. Il mondo dell’arte sta facendo i conti con delle abitudini che il resto dei settori ha cominciato a prendere in considerazione 10 anni fa. E’ ora di fare qualcosa.

– Progetti futuri?! Pochi giorni fa hai annunciato che @fecidartista verrà interrotto per un periodo…  Eleonora Rebiscini

Feci d’Artista verrà interrotto perché ho molto rispetto per le persone che lo seguono e ho capito che non riuscivo a dare al progetto l’attenzione che meritava. Il lavoro dietro la rubrica non è eccessivo, ma troppo in questo momento in cui, per fortuna, sto lavorando molto, sia in termini di consulenze che in progetti più grandi. La mia idea è di tornare con nuove idee e dare alla pagina l’attenzione che merita. Non ho investito un euro in comunicazione e non ho un piano strategico per Feci d’Artista. E’ un peccato perché c’è del potenziale, lo vedo dalle persone che rispondono ai sondaggi, dai messaggi che ricevo ogni giorno. Mi piace pensare che tornerà più “figo” di prima. Nel frattempo lo congeliamo per un po’.  Il 6 marzo, però, andrò all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” per parlare del progetto e ci sono ancora 4 puntate: insomma, non è ancora finita del tutto!

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