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Restare uniti anche ai tempi del Coronavirus: WE ARE COROLLA

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Restare uniti anche ai tempi del Coronavirus: WE ARE COROLLA

Giuseppina Giordano ci descrive il suo progetto artistico. Perché, come cantava Rino Gaetano, “può [comunque] nascere un fiore nel nostro giardino, che neanche l’inverno potrà mai gelare”.

Qualche giorno fa, aprendo le e-mail, ho trovato una missiva diversa dalle altre. Un progetto artistico, in un periodo di quarantena, è davvero una rarità. Riuscire a restare vicini, rimanendo ad un metro di distanza gli uni dagli altri, ancora di più. L’artista Giuseppina Giordano ci racconta come ha fatto.

Restare uniti anche ai tempi del coronavirus…Giuseppina ci racconti il progetto “Aspettando la Primavera, Uniti ai tempi di COVID-19”?  we are corolla

Corolla è l’espressione di una disposizione d’animo: la possibilità di essere, in un momento di crisi come questo, solidali e gentili l’uno con l’altro, delicati come fiori, uniti contro i pregiudizi e le discriminazioni come un’unica famiglia di umani. Fiorire insieme, nonostante le difficoltà. Il progetto è composto da una serie di sculture indossabili, a guisa di corolla, da usare negli spazi pubblici come estensione del nostro corpo, permettendoci di seguire le indicazioni raccomandate dall’OMS relative alle distanze di sicurezza per ridurre il contagio da COVID-19. Fanno parte del progetto anche un’illustrazione ed un’edizione limitata di corolle in latex. Opere uniche, realizzate da Matteo Signorelli, con il quale ho collaborato per la grafica del progetto.

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Restare uniti anche ai tempi del Coronavirus: WE ARE COROLLA

Come è nata l’idea? 

E’ nata in auto-isolamento, a casa dei miei in Sicilia, sognando la primavera e l’hanami a Tokyo. Il giorno in cui si è diffusa la notizia dei primi casi di coronavirus in Lombardia ero a Firenze e stavo seguendo con apprensione la diffusione di COVID-19 in Giappone. Sarei partita per lavoro il 29 febbraio, rimanendo lì circa due mesi. Domenica 23 febbraio dovevo rientrare a Milano da Firenze, ma il mio treno è stato cancellato. In quel momento, in preda alla confusione sul da farsi, ho ascoltato i miei genitori: da ore mi tempestavano di chiamate, preoccupati per me, chiedendomi di tornare in Sicilia. Ho ceduto alla loro richiesta e ho preso un volo senza saper bene cosa mi aspettasse. 

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Restare uniti anche ai tempi del Coronavirus: WE ARE COROLLA

Arrivata a casa mi è stato chiesto, molto serenamente, di auto-isolarmi in una stanza. I primi giorni sono stati una sorta di blackout. Poi qualcosa è accaduto. La mia fame di futuro e la resistenza a qualsiasi tipo di restrizione hanno avuto la meglio. Ho così immaginato come rendere abitabile questo spazio imposto. La parola che ha avuto maggiormente eco in quei giorni è stata “insieme”. “Insieme” per dire che nessuno è indipendente dall’altro. Anche l’essere umano più distante geograficamente da noi definisce quello che chiamiamo “IO” e la sfera di possibilità in cui ci muoviamo ogni giorno. Corolla è nato con la speranza di donare un sorriso e il coraggio di sognare insieme come individui e come comunità perché, come scrive Danilo Dolci: “ciascuno cresce solo se sognato”.

“Sculture da indossare” a guisa di corolle di fiori, che permettano di rimanere a distanza gli uni dagli altri secondo le normative dell’OMS: di che materiale sono fatte? we are corolla

 Le sculture indossabili in tre colori , rosa-viola-verde, sono costituite da tubicini in gomma flessibili, modellati e ripieni di pittura acrilica, legati a una cintura elastica, disponibile in tre taglie, da indossare in vita. Oltre alle corolle indossabili è disponibile una serie limitata di corolle in latex e dei pezzi unici in pasta di petali di fiori. Queste creazioni sono indipendenti, per tempi di produzione e modalità di fruizione, dalle corolle colorate. 

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Restare uniti anche ai tempi del Coronavirus: WE ARE COROLLA

L’idea di ricreare un grande campo fiorito è molto poetica. Da dove hai tratto questa ispirazione? Ti ha influenzato qualche artista o poeta del passato? 

Gli input di ogni mio progetto sono molti e stratificati. Durante i giorni di isolamento ho riletto un libro di Kobayashi Issa, poeta giapponese del XVIII secolo. Si narra abbia avuto una vita sfortunata. Adoro le sue poesie perché luminose e dense di una vita che è sorgente e non cessa di sgorgare. Quella semplicità zen per cui tutto è manifesto e non nasconde significati reconditi da raggiungere.

“Mondo di sofferenza: eppure i ciliegi sono in fiore.”

Questi versi sono stati scritti dopo la morte del figlio dell’autore. Rileggerli ha, in qualche modo, acceso una luce in me, contribuendo alla nascita di Corolla.

Hai scelto di finanziare in parte il progetto grazie ad una piattaforma di crowfunding…quali sono le difficoltà che incontra un giovane artista al giorno d’oggi? we are corolla

Senza essere generalista, poiché ogni storia è a sé, le sfide più evidenti per me rimangono: la precarietà, a cui si unisce una volontà di ferro e un’autodisciplina (non sempre semplice da mantenere), e la sostenibilità economica dei progetti. È difficile reperire fondi, anche pubblici, dedicati alle arti.  La scelta del crowfunding per Corolla non è stata un caso: mi sembrava il modo migliore per rendere accessibile a tutti il progetto, tenendo conto di una diffusione su vasta scala per dare luogo a quel campo fiorito di cui ho avuto visione. 

“We_are_corolla”, ma non solo: ci racconti chi è Giuseppina Giordano?

La definizione di me stessa che mi piace dare è “un continuo accadimento”.  Sin da bambina ho amato la poesia, la spiritualità e la mistica.  Adoro le sfumature, do valore alla tenerezza. Sono appassionata di cultura giapponese, ho una dipendenza dai Korean Drama e sono convinta che l’unica vita possibile sia una vita insieme. Sorrido a chi crede nell’indipendenza. Sono un’artista interdisciplinare, consapevole di una realtà interdipendente, con molti progetti nel cassetto. Spero di avere un’esistenza abbastanza lunga per poterli realizzare tutti. Amo i piani a lungo termine, quelli che richiedono cura, che ti accompagnano nella vita e fanno del loro fondamento il rapporto con l’altro. Uno di questi potrebbe essere “Tracce di bambini sognati“: un libro e una pratica artistico-sociale diffusa, che nasce dall’esigenza di mettere al centro il potenziale creativo e mutevole della donna durante il periodo della gravidanza. Il progetto raccoglie le esperienze di donne in stato interessante, con particolare enfasi sul sogno e sulla possibilità infinita che si dispiega durante la gestazione. Il mio scopo è quello di trovare dei punti di contatto tra le gestanti in diversi paesi del mondo. Vorrei costruire una pratica artistica e sociale condivisa, che possa essere facilmente appresa e che duri nel tempo.

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Il mio sogno, la mia visione, è quella di creare una rete di donne che possa costruire insieme, nello spazio pubblico di ogni città, una “sorgente”, ovvero un luogo che si muova dall’idea opposta di ciò che è un cimitero. Un luogo di trasformazione, vivo e senza pregiudizi, in cui la donna, da protagonista, possa essere agente di cambiamento per una lettura nuova della gestazione. Uno spazio per costruire insieme la memoria della nostra trasformazione: il “Noi Accadiamo”. Da qualche anno ho pensato anche ad una applicazione per smartphone, un’anti-dating app molto particolare: sono convinta possa rivoluzionare i rapporti sociali. Richiede, però, degli investimenti cospicui ed è in attesa dei giusti referenti per essere svelata. La mia vita è guidata da pochi punti fissi e uno di questi è la convinzione che “ciò che cerchi, ti sta cercando” come scrisse Rumi, poeta sufi che amo molto.

Siciliana di nascita, ma milanese d’adozione: il capoluogo meneghino cosa rappresenta per te?

 Milano è la mia casa, il posto dove voglio tornare dopo ogni viaggio, dove ho conosciuto e creato la famiglia che ho scelto: i miei amici. È il posto dove vorrei sperimentare nuove possibilità che, fin’ora, si sono concretizzate maggiormente durante i miei periodi di residenza all’estero.

Ho letto sul tuo sito web (giuseppinagiordano.com) che non hai intrapreso da subito la carriera artistica. Possiamo definire questa scelta una sorta di “chiamata”?

Si, assolutamente. Ho studiato al liceo scientifico, poi ho iniziato Scienze Politiche e Relazioni Internazionali: avrei voluto lavorare nell’ambito della cooperazione internazionale. In particolare il tema delle migrazioni mi è sempre stato a cuore. Ancora oggi è presente nella mia ricerca, in progetti quali “The wall of delicacy“: una pratica meditativa, un’istallazione che ricorda un filo spinato, ma fatto di piccoli boccioli di rosa profumati. Mentre studiavo all’università mi sono innamorata di un pittore, Santo Vassalo, che ha letteralmente cambiato la mia vita. Ho scoperto l’amore per l’arte.

Una giovane donna artista a Milano…che consigli daresti a chi, come te, vorrebbe intraprendere questo percorso?

Consiglierei di essere in ascolto, consapevoli e auto disciplinati e non prendersi troppo sul serio. Inoltre suggerirei di essere generosi e, in sintonia con i tempi, seminare con coraggio. Non arrendersi e perseverare nella ricerca con gioia.

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