AAAA: Art and About Africa e la vibrante scena artistica del continente

Art And About Africa

AAAA: Art and About Africa e la vibrante scena artistica del continente

Obbiettivo: dare voce e supporto alla creatività africana. Come farlo? Ci ha pensato la nuova piattaforma online ideata da AKKA Project.

Lunedì 25 maggio si è festeggiato l’Africa Day, per commemorare la fondazione dell’Organizzazione dell’unità africana (oggi chiamata Unione africana), fondata quello stesso giorno del 1963 ad Addis Abeba. All’epoca ne facevano parte 30 dei 32 stati che avevano raggiunto l’indipendenza.

Da allora di tempo ne è passato, la storia ha fatto il suo corso tra cambiamenti politici e sociali, ma un elemento sembra non essere mutato: la difficoltà nel reperire informazioni veritiere sul continente.

O meglio, la maggioranza delle notizie che ci arrivano sono, per così dire, filtrate da media ed entità estere.

Una nuova sottile forma di dipendenza?

AAAA: Art and About Africa e la vibrante scena artistica del continente

Di questo fenomeno si discute molto: ad esempio se ne è parlato nel convegno tenuto da Africa Rivista proprio questa settimana.

Ma, al di là della definizione teorica che si vuole dare, il quesito di fondo rimane: come fanno gli appassionati d’arte africana a rimanere uptodate?!

Perché se le news di politica, economia ed affari generali sono in qualche modo reperibili tramite media locali (internet dà una grande mano) il mondo della creatività rimane pressoché un territorio inesplorato.

E devo confessarvi che di cambiamenti, anche in questo settore, ne stanno avvenendo tantissimi.

Basti pensare ai risultati d’asta che ottengono alcuni artisti africani o della diaspora, all’aumento degli articoli a riguardo sulle riviste di settore e al moltiplicarsi delle mostre a tema, anche sul territorio italiano.

Chi voglia, però, andare alla “fonte”, scoprire istituzioni culturali locali, musei, studi d’artista come può fare?

Ci ha pensato Art And About Africa, piattaforma online dal 20 febbraio 2020.

AAAA: Art and About Africa e la vibrante scena artistica del continente

L’idea è di Lidija Khachatourian: grande energia, competenza ed una forte passione per l’espressività del continente. Negli anni Lidija ha visitato molte nazioni dell’Africa subsahariana, conoscendo artisti e sviluppando la collezione di famiglia.

È nato così AKKA Project, incubatore e promotore di arte contemporanea made in Africa, con sede a Dubai e a Venezia. Durante la Biennale Arte 2019 Lidijia Khachatourian ha curato il Padiglione Nazionale del Mozambico.

I tempi per un nuovo progetto erano ormai maturi ed ecco che ha fatto la sua comparsa Art And About Africa.

 

Art And About Africa
Courtesy of Art And About Africa www.artandaboutafrica.com

AAAA: Art and About Africa e la vibrante scena artistica del continente

L’obbiettivo del portale è sostenere e far conoscere la scena creativa, in rapida crescita, del continente africano.

Uno spazio digitale dove artisti, organizzazioni ed amanti dell’arte si connettano facilmente.

I collezionisti possono realizzare un vero e proprio itinerario di viaggio: una mappa scaricabile in PDF contenente le istituzioni artistiche, trovate sul portale, che gli piacerebbe visitare.

Basta cliccare sulla città che interessa per scoprire quali luoghi di cultura sono presenti sul suo territorio.

Fatte le proprie scelte, scaricare l’elenco è davvero un “gioco da ragazzi”. Inoltre vi è la possibilità di creare un profilo personale ed aggiungervi i punti culturali “preferiti”: una sorta di wishlist.

Il principio di base è molto semplice, ma non facilmente realizzabile se si pensa alla vastità geografica del territorio e alle profonde differenze che connotano i 54 stati riconosciuti a livello internazionale.

AAAA: Art and About Africa e la vibrante scena artistica del continente

Inoltre i benefici di Art And About Africa per singoli artisti ed istituzioni sono tantissimi: registrandosi al sito caricano le loro informazioni e descrizioni online, mostrano le opere e raggiungono, così, un pubblico più ampio.

Anche gli organizzatori di mostre, biennali, fiere d’arte possono promuovere il proprio evento.

Art And About Africa
AAAA: Art and About Africa e la vibrante scena artistica del continente  Mappa presente sul sito di Art And About Africa www.artandaboutafrica.com

Il servizio si basa su una vasta gamma di ricerche, informazioni, competenze locali ed è stato progettato per essere  accessibile a tutti.

Un vero e proprio motore di ricerca che raccolga in un unico spazio virtuale le informazioni inerenti la scena artistica africana che, normalmente, sono disperse in una miriade di siti web locali, profili Facebook o account poco raggiungibili se non si ha un contatto diretto.

Non si tratta, soltanto, di rendere più accessibili grandi opere, ma anche di stimolare tutti i sensi degli appassionati, includendo aspetti legati alle tradizioni, alla cultura, alla musica, alla moda, al cibo e a molto altro ancora.

scena artistica del continente

Itinerari d’arte, ma non solo.

In un periodo in cui i viaggi sono limitati a causa della pandemia, AAAA non si è fermata, anzi: ha dato vita all’iniziativa artistica di crownfundingArt: an Essential Need” (ArtEN), che mira a fornire sovvenzioni di emergenza agli artisti che vivono in Africa. 

È stata così aperta una call dedicata ai creativi, invitandoli a presentare alcune loro opere. I lavori scelti entreranno a far parte della pubblicazione intitolata proprio “Art: an Essential Need”.

Hanno partecipato perfino guest artist e spazi culturali che hanno diffuso la notizia.

Dopodiché la chiamata è stata rivolta a tutti.

Sì, perché anche noi possiamo contribuire 😉

Fino al 31 maggio, quindi ancora per questa settimana, è possibile acquistare una copia dell’e-book cliccando qui.

Tutto il ricavato verrà suddiviso tra i creativi africani che hanno aderito.

vibrante scena artistica del continente

La pandemia causata dal COVID-19 ci ha dimostrato, ancora una volta, la nostra vulnerabilità livellando, in un certo qual modo, alcune disuguaglianze.

Di fronte ad una malattia sconosciuta l’umanità è ugualmente inerme.

E’ giunto il momento di dare una mano anche a chi sta al di là del Mar Mediterraneo in nome dell’arte e della cultura.

 

 

Il “favoloso mondo” delle…riviste d’arte – Art Nomade Milan

riviste arte
Il “favoloso mondo” delle…riviste d’arte – Art Nomade Milan

In questo periodo di permanenza forzata in casa abbiamo riscoperto il piacere della lettura. Volumi d’autore, ma anche magazine d’arte…indipendenti.

Il mondo della pubblicazioni di settore è davvero sfaccettato.
Se lo si analizza in profondità si scopre che i titoli più conosciuti in commercio sono solo la punta dell’icerberg: esistono, infatti, decine di pubblicazioni specialistiche che non godono, al momento, delle luci della ribalta.
Guardando all’arte ed alla cultura la ricerca si fa ancora più avvincente: il panorama dell’espressione contemporanea è popolato da decine di magazine.
Insomma ce n’è un po’ per tutti i gusti 😛
Il rovescio della medaglia è che sono spesso difficili da conoscere e soprattutto da acquistare.
Non basta andare in edicola: la loro distribuzione avviene in certi rivenditori estremamente specializzati.

Il “favoloso mondo” delle…riviste d’arte – Art Nomade Milan  riviste arte

Occupandomi di nicchie di mercato, quali l’arte contemporanea africana ed islamica, so bene di cosa parlo: in lingua italiana esiste pochissimo, quasi tutti i magazine sono stranieri ed hanno una sequenzialità che va dal bimestrale a salire, fino ad arrivare a pubblicazioni che escono due volte l’anno.
Inoltre alcune di esse hanno, purtroppo, vita breve.
Sono spesso progetti autofinanziati che, dopo alcuni numeri, scompaiono dal mercato.
Per riuscire a “censirle” una grande mano me la danno i social network ed, in generale, tutte le piattaforme online: grazie alle connessioni della rete, prima scopro i profili delle riviste, poi risalgo al loro sito web, trovando i distributori italiani o i metodi di acquisto online.
Proprio così ho scoperto Francesca Spiller e “Reading Room” 🙂
Galeotta è stata la ricerca di un punto su Milano dove acquistare “Something We Africans Got“, pubblicazione di cui vi ho parlato in un video sul mio canale YouTube.
Ironia della sorte “Reading Room” sorge a pochi chilometri da casa mia!

Il “favoloso mondo” delle…riviste d’arte – Art Nomade Milan

Francesca ci accompagnerà nel favoloso mondo delle riviste indipendenti, svelandocene tutti i segreti.

Ciao Francesca! Conosciamoci meglio: come definiresti “Reading Room”? Libreria, concept store, spazio indipendente o galleria d’arte?  riviste arte

Reading Room è un po’ tutte queste cose. Il progetto nasce dall’ambizione di avvicinare quante più persone possibile alle bellissime pubblicazioni indipendenti, attraverso un luogo che sia qualcosa di diverso da un negozio: uno spazio culturale per soddisfare i curiosi e i lettori incalliti.
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Il favoloso mondo delle…riviste d’arte – Art Nomade Milan   Interno di Reading Room

– Quando e come è nata l’idea?

Reading Room è nata nel maggio 2018 dalla mia grande passione per la fotografia ed i magazine. In realtà la costruzione del progetto e la selezione hanno preso circa un anno di lavoro prima dell’apertura. A Milano mancava uno spazio dedicato a questo mondo, come ad esempio “do you read me?!” a Berlino o magCulture a Londra, che già da tempo portano avanti un discorso simile con ottimi riscontri. 

– Che percorso di studi hai alle spalle?  riviste arte

Ho una formazione in management culturale: ho lavorato per la Galleria Carla Sozzani, a Milano, e poi per Camera – Centro Italiano per la Fotografia a Torino. Sono state delle esperienze fondamentali prima di mettermi in gioco con Reading Room

Ti va di spiegare ai nostri lettori cosa si intenda con “riviste indipendenti” ?

Per “indipendenti” si intendono tutti quei progetti mossi dalla ricerca e da una profonda cura per i contenuti. Chi realizza pubblicazioni di questo tipo è, prima di tutto, un lettore, anzi un divoratore di contenuti. Alla base c’è quindi un profondo amore per il tema che si vuole sviluppare e poi uno studio della veste editoriale più adatta, essa stessa parte fondamentale del prodotto finale. 

– Ne esistono di tipologie diverse (fanzine…) ?  riviste arte

L’universo delle riviste indipendenti è vastissimo, non solo per i temi trattati, ma anche per la libertà e varietà del loro sviluppo. Per scelta da Reading Room non tengo fanzine (pubblicazione non professionale e non ufficiale, prodotta da entusiasti di un particolare fenomeno culturale. Parola nata dalla contrazione di “fan” e “magazine”), ma esclusivamente periodici. Evito anche le cosiddette pubblicazioni “coffee-table”, accattivanti ad un primo sguardo, ma a rapido rischio obsolescenza. 
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Il favoloso mondo delle…riviste d’arte – Art Nomade Milan   Uno dei numerosi eventi svoltosi presso Reading Room

– Ogni tanto tornano alla ribalta articoli e commenti che evidenziano la perdita di pubblico della carta stampata a vantaggio delle informazioni digitali. Tu cosa ne pensi?

Penso che il discorso valga solo per certa carta stampata, ovvero quella delle edicole, tipo i quotidiani e i settimanali dalle grandi tirature. Le riviste che tratto da Reading Room hanno la dignità del libro, da cui si distinguono per la periodicità. Ed è un mondo che sta fiorendo anche nei numeri, una massa critica di tante nicchie di qualità. 

– Quali sono i tuoi clienti tipo?

Il pubblico è molto vario, si va dagli addetti ai lavori di fotografia, design, moda, architettura, agli studenti e ai curiosi in genere. Una comunità assai molteplice. Considera che la nostra selezione non è monotematica, bensì multidisciplinare: ciò allarga il bacino d’utenza. 

– La tua attività è cambiata molto in questo periodo?

Ho approfittato dei mesi di lockdown per migliorare il sito di Reading Room* e il nostro servizio di consegne, ricevendo una risposta calorosa. Per la riapertura abbiamo dovuto adottare tutte le misure per rendere l’esperienza dei nostri clienti sicura e piacevole. 

– Pensieri e progetti per il futuro?!

I nostri incontri, che costituiscono una parte fondamentale del progetto, non scompariranno, ma saranno ripensati sia in chiave digitale che fisica. Quindi il consiglio che do è quello di seguirci anche sulle nostre pagine Instagram** e Facebook***, per scoprire questi imminenti sviluppi! 
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Professione RESTAURATORE: visita ad un laboratorio specializzato

Professione RESTAURATORE: scopriamo assieme un laboratorio specializzato

Professione RESTAURATORE: visita ad un laboratorio specializzato

Elisa, 30 anni e una grande passione per i tessuti: nasce così Arachne Conservazione e Restauro, nel cuore del centro storico genovese.

Professione restauratore: un possibile sbocco professionale per molti studenti d’arte, nonostante le difficoltà che ancora si hanno, in Italia, nello svolgere questo mestiere.

Il fiorentino Opificio delle Pietre Dure rimane un must, anche se esistono altri centri validissimi a supporto di chi voglia intraprendere una carriera nella conservazione del patrimonio.

Inoltre, apprendere i segreti di materiali meno usuali, come tessili/pelle ed opere cartacee, potrebbe fare la differenza nel trovare più velocemente un impiego.

Professione RESTAURATORE

Ne abbiamo parlato con Elisa Levrero, classe 1990, che ha deciso di aprire il proprio laboratorio nella sua città natale, Genova, dopo essersi specializzata a Brescia.

Formazione, “gavetta” presso altre realtà del settore ed apertura di Arachne Conservazione e Restauro.

A proposito, per chi non se lo ricordasse, il capoluogo ligure è anche il luogo natio di Art Nomade Milan 🙂

Il legame di questa regione con le arti tessili è antico e profondo: ad esempio a Zoagli, piccolo comune in provincia di Genova, esistono ancora delle tessiture specializzate in damaschi e velluti.

Difficile però conoscere le singole manifatture rimaste attive, trovare informazioni sui musei che conservano collezioni tessili od articoli a riguardo.

Anche in un’epoca di grande digitalizzazione sembra che il riserbo ligure verso le proprie attività faccia da padrone 😉

restauratore
Professione RESTAURATORE: scopriamo assieme un laboratorio specializzato – Elisa Levrero al lavoro in laboratorio

Arachne Conservazione e Restauro l’ho scoperto per caso, circa un annetto fa, gironzolando virtualmente su Facebook. Ho così iniziato a seguirlo sui social, scoprendo che il laboratorio aveva restaurato alcuni tabarrini che sarebbero stati esposti in “Cristezzanti“, mostra sulle confraternite genovesi tenutasi al Museo Navale di Genova Pegli.

Il territorio ligure è sempre stato la patria di grandi collezionisti: le civiche raccolte tessili sono una vera “chicca” per gli amanti del genere e non mancano anche collezioni private, sulle quali compaiono ogni tanto articoli in riviste specialistiche.

Nel mondo dell’arte si vocifera che i genovesi siano ancora degli ottimi acquirenti…

Dunque molti potenziali clienti per i restauratori, anche se la nostra legislazione non regolamenta in maniera ottimale il settore.

Ma ora lascio la parola ad Elisa che ci racconterà come si intraprenda questa professione e che difficoltà si debbano affrontare.

– Elisa, com’è scaturita questa passione per il tessile e che percorso di studi hai seguito per diventare una restauratrice? Professione RESTAURATORE

La passione per il restauro in generale è scattata non appena ho iniziato l’Università: un colpo di fulmine. Il primo anno ho svolto sei mesi di tirocinio in un laboratorio di restauro dipinti a Genova e, durante il secondo anno, ho battuto “a tappeto” tutto il Nord Italia per visitare le scuole riconosciute dal Ministero. È stato durante i vari laboratori, workshop e open day che ho scoperto l’esistenza dei cosiddetti settori “minori” della conservazione, come la carta, l’oreficeria ed i tessuti. Mi sono innamorata dell’ambito e, contemporaneamente al terzo anno di Università, mi sono iscritta alla Scuola di Restauro di Botticino (BS), indirizzo “Arazzi, Tappeti e Tessuti Antichi”.

– Conosco altri restauratori che mi hanno spiegato come tale professione sia poco riconosciuta a livello normativo in Italia. Tu cosa ne pensi? È davvero difficile trovare lavoro in questo settore?

Purtroppo è vero: a fronte di un lungo percorso di formazione, molto spesso dispendioso, i fondi pubblici riservati  al restauro ed alla conservazione sono veramente esigui, soprattutto se considerati in proporzione all’immenso patrimonio del nostro paese.

Professione RESTAURATORE

Bisogna rimboccarsi le maniche e trovare degli sponsor privati per poter lanciare un progetto. Il più delle volte un restauro richiede molte ore di lavoro, oltre a dei materiali specifici dai costi elevati. La sensazione è che non sia il lavoro a mancare, ma i fondi per realizzarlo. Personalmente non mi sono mai trovata in seria difficoltà, ma è un impegno a 360 gradi. Non basta svolgere un buon lavoro, bisogna essere attivi nel farsi conoscere, aggiornarsi e proporsi ad enti pubblici e privati. Per dirla in parole povere non si deve aspettare che la commissione arrivi da sé, come accadeva fino ad una decina di anni fa. Bisogna muoversi e andare a cercarla.

– Sei giovanissima eppure hai deciso, nel 2017, di aprire un laboratorio. Ci racconti la tua esperienza da “lavoratrice autonoma”? 

Mi sono diplomata alla Scuola di Restauro nel giugno 2015 e, in quel momento, sentivo di dover ancora acquisire competenze ed esperienza prima di potermi proporre sul mercato. Così ho lavorato per diverse ditte un paio di anni fino a quando, a inizio 2017, dopo che mi è stato commissionato un lavoro molto importante, ho deciso di aprire la partita iva ed il laboratorio.

Professione RESTAURATORE

Ovviamente ci sono i pro ed i contro dell’essere una “lavoratrice autonoma”. Da una parte si hanno molte responsabilità, come il lavorare su opere tutelate dalla Soprintendenza ed il gestire tutta la rete di persone che ruota intorno a un restauro (i funzionari, la committenza, gli eventuali sponsor). Bisogna trovare il tempo per occuparsi di tutto l’aspetto burocratico dell’essere titolare di una ditta – per quanto piccola – senza trascurare i progetti e, naturalmente, fare un bilancio mettendo in conto le spese fisse (affitto, bollette e quant’altro). D’altra parte posso dire di fare il lavoro che amo e per cui ho studiato. Non lo cambierei per nulla al mondo nonostante le difficoltà, compresa la recentissima chiusura forzata a causa dell’emergenza sanitaria.

Professione RESTAURATORE: scopriamo assieme un laboratorio specializzato

– Chi sono i tuoi principali clienti? Io ti seguo già da diverso tempo e ho visto che hai restaurato alcune preziosi tabarri poi esposti nella mostra “Cristezzanti” al Museo Archeologico di Genova Pegli…

Sì, in occasione della mostra ho lavorato su due straordinari tabarrini settecenteschi, appartenenti alla Confraternita di Sant’Ambrogio di Voltri. Le Confraternite genovesi e liguri sono sicuramente uno dei canali più importanti per il mio lavoro. Nei loro oratori si conservano dei veri e propri gioielli tessili: vesti processionali in raso e velluto, spesso ricamati in oro e argento, risalenti anche al XVII secolo. Quello che amo del lavorare con le Confraternite è sicuramente il loro profondo e sincero legame con questi abiti, che sono parte della loro storia. La loro gratitudine per il lavoro svolto (assolutamente non scontata!) mi riempie sempre di orgoglio.

Professione RESTAURATORE

Tra gli enti pubblici con cui lavoro ci sono poi i musei. Infatti, proprio questo febbraio, ho iniziato una campagna di restauro in loco sugli arredi del Museo di Palazzo Reale di Genova. Abbiamo sospeso il cantiere a causa dell’emergenza, ma spero di poter tornare al più presto e riprendere a pieno regime. C’è poi tutta la committenza privata, dagli antiquari ai collezionisti agli appassionati, che possiedono i manufatti più disparati.

– Finalmente parliamo di tessile! Sbaglio o Genova ha una lunga tradizione alle spalle? Velluti e altre meraviglie…

Certamente! A Genova non mancano collezioni tessili di alto livello. Non a caso è stata la città che ha dominato il mercato serico europeo per quasi quattro secoli, a partire dal Quattrocento. Il velluto prodotto nelle manifatture rivierasche, specialmente quello di colore nero, aveva raggiunto un livello qualitativo altissimo. Eravamo competitivi sul mercato tessile anche quando la Francia di Napoleone ci aveva “soffiato” il primato produttivo sul continente. Una delle ragioni per cui i tessuti liguri, principalmente rasi e velluti, hanno dominato così a lungo è che la loro qualità era ineccepibile. Venivano verificati in tutte le fasi di lavoro, dalla filatura delle fibre grezze alla tessitura, al ricamo. I commissari dell’Arte della Seta controllavano i passaggi in modo serrato e, se non erano rispettati i canoni dello statuto, venivano inferte multe salatissime!

– È difficile approcciarsi a questa tipologia di opere d’arte? Sono molto delicate? Raccontaci qualcosa in più del tuo lavoro quotidiano.

Sicuramente è necessaria una preparazione specifica per poter maneggiare un tessuto antico. I casi possono essere diversissimi. In generale, se un’opera tessile ha bisogno di un intervento di restauro, vuol dire che si trova in uno stato davvero precario.

Una parte del mio lavoro consiste nel rimuovere interventi grossolani fatti da chi non aveva alcuna preparazione nel settore. Parlo di rammendi (a mano e a macchina da cucire), spilli completamente arrugginiti, toppe adesive e, addirittura, pezzi di scotch.

Le operazioni sui tessili possono essere suddivise in due fasi generali: gli interventi preliminari al restauro ed il consolidamento. Nel primo stadio si studia il tessuto a 360 gradi (armatura, filati, riduzione…) e si procede con la pulitura. Meccanica (con micro-aspiratore chirurgico) e, se le condizioni lo consentono (il tessuto deve essere sufficientemente integro e, soprattutto, si verifica la stabilità dei coloranti) si fa un vero e proprio lavaggio. A quel punto si passa alla seconda fase, il consolidamento vero e proprio. Ogni restauro è a sé stante e sarebbe impossibile elencare tutte le casistiche. Il comune denominatore è l’utilizzo di supporti e filati della stessa natura dell’originale, che vengono appositamente tinti in laboratorio.

L’intervento può seguire principalmente due linee metodologiche: quella conservativa (applicata a ogni tipo di manufatto tessile) e quella integrativa, adottata nel caso di arazzi e tappeti.

Restauro accademia
Professione RESTAURATORE: scopriamo assieme un laboratorio specializzato – Elisa Levrero al lavoro

– Durante i tuoi studi hai anche appreso diverse tecniche di tessitura? Possiedi un telaio? Professione RESTAURATORE

Durante la Scuola di Restauro abbiamo svolto un corso dedicato proprio alla tessitura. É stato fondamentale per mettere in pratica quello che avevamo appreso nello studio dell’analisi del tessuto. Lo “scontro” con orditoio, pettini, licci e subbi mi ha insegnato a riconoscere con più facilità l’armatura dei tessili su cui devo intervenire. Possiedo un piccolo telaio che utilizzo principalmente per tessere ex novo le cimose degli arazzi. Sono la cornice più esterna e per questo, spesso, sono più consumate. La maggior parte delle volte vanno sostituite.

Hai in programma dei nuovi progetti di cui ci vuoi parlare? 

Sì, nuovissimi. Dal primo giugno io ed una collega, che si occupa di sculture e dipinti, uniremo forze e competenze per dare vita ad un laboratorio multi settoriale di restauro (Laboratorio Mura delle Cappuccine), dove espanderemo gli indirizzi di specializzazione ed amplieremo i servizi per la conservazione. Presenteremo tutti i nostri nuovi progetti sul sito dedicato, www.cappuccinerestauro.it.

 

Arte e lockdown: la parola ai giovani artisti – Art Nomade Milan

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Arte e lockdown: la parola ai giovani artisti – Art Nomade Milan

Si parla tanto di cambiamenti del settore, di incertezza del futuro: gli intervistati, però, sono sempre grandi galleristi o direttori di importanti istituzioni culturali.

Ma qualcuno ha sentito i giovani artisti?!

A quanto pare la major Sotheby’s sembra navigare in cattive acque (fonte il Sole24Ore), le gallerie tentano il tutto per tutto con eventi online e maggior presenza sui social media, le fiere di settore sviluppano viewing room. E i creativi, in questo periodo di chiusura forzata, come se la stanno cavando?

Ricordiamoci che senza di loro tutta la “baracca” non starebbe in piedi 😉

I giovani artisti italiani come vedono il futuro?

Art Nomade Milan lo ha domandato ad Iris Corvino, ventottenne bergamasca che vorrebbe fare dell’arte la sua professione. Inutile ricordavi quanto la Lombardia e le provincie di Bergamo, Brescia, Lodi e Cremona abbiano sofferto per questa dannata pandemia globale.

Ecco cosa ci ha raccontato Iris.

– Iris, da dove nasce la tua passione per l’arte? Quale è stato il tuo percorso di studi?

La mia passione per l’arte nasce da piccolina. Pensa che a 7 anni dissi a mia mamma: “Da grande voglio fare la pittrice”. ?

Credo che questa determinazione mi abbia portato a realizzare il mio sogno, anche se non so bene se “sogno” sia la parola corretta, perché sono ancora in fase di crescita. Forse ho raggiunto un livello di consapevolezza che mi aiuterà a raggiungere il mio obiettivo: essere un’ artista riconosciuta per ciò che esprime e ciò che dà allo spettatore. Penso che questo sia il compito dei creativi: donare bellezza. Una bellezza intesa da ognuno di noi in modo diverso. Si devono trasmettere i valori che ciascuno ha dentro di sé e lo stupore per la vita . Il mio percorso di studi comincia dalla scelta di inscrivermi al liceo artistico di Bergamo. Dopo ho deciso di continuare nel settore e mi sono iscritta all’Accademia Carrara, dove ho frequentato il corso di “Pittura Arti visive”.

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L’accademia mi ha aperto un mondo, infondendomi la capacità di vedere in maniera diversa le cose. Ho compreso quanto la comunicazione visiva sia importante. Se usata con intelligenza è potente ed esplosiva come una “bomba”: riesce ad arrivare dritto al cuore ed alla mente delle persone. Mi sono poi iscritta all’Accademia di Brera, dove ho frequentato il biennio di pittura. Milano è davvero un altro mondo. Mi ha insegnato tanto ed in accademia ho stretto delle fortissime amicizie.

– Sbaglio o l’arte è un’“affare di famiglia”?! Anche tuo padre è un artista…

No, non sbagli, è proprio così! Un”affare di famiglia”. Mio padre è un pittore da tanti anni: ha esposto per molto tempo a Bergamo e soprattutto in Città Alta, anche durante i “mercatini” della domenica. Ero e sono ancora molto orgogliosa di mio padre. Grazie a lui, alla sua meravigliosa pittura ed alla sua tenacia siamo cresciuti amando l’arte.

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È riuscito a mantenere una famiglia solo con la sua arte per molti anni e io, da piccolina, vedendolo dipingere ogni giorno nel suo studio, guardando i suoi quadri, i suoi colori, le sue spatole pensavo quanto fosse meraviglioso. Credo sia stato questo il motivo che mi ha spinto a inseguire la mia passione: mio padre non ha potuto fare gli studi che ho fatto io, erano altri tempi, ma tutt’oggi mi ripete di quanto lui ora sia orgoglioso di me. Portare avanti lo spirito artistico, studiare per renderlo migliore è un dono.

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Arte e lockdown: la parola ai giovani artisti – Art Nomade Milan  “Walk this way“, Iris Corvino.

Riesci a descriverci la tua poetica…in poche righe?!  Arte e lockdown

Certo! Amo trasmettere gioia e armonia con la mia arte. Vedo la bellezza nelle piccole cose e con i colori tiro fuori questa energia. Armonia, unione, individualità, forza, potenza sono all’interno della mia poetica.

– Pittura, scultura, fotografia, video arte, performance, installazioni, grafica…quale medium preferisci?!

Questa è una domanda difficile, perché io amo usare tutti i media possibili. Non amo i limiti: riesco ad esprimermi con qualsiasi mezzo.

Mi piace molto l’installazione, specialmente interattiva, che faccia riflettere lo spettatore.

Mi piace tantissimo anche la performance: recitare con il proprio corpo per trasmettere il messaggio.

Della video arte apprezzo l’utilizzo dello schermo come un pennello ed una grande palette di colori. Devo ammettere che la mia artista di riferimento, fin dai tempi dell’accademia a Bergamo, è sempre stata Pipilotti Rist.

La fotografia, invece, la uso per catturare un istante preciso e trarne, poi, un’opera d’arte. 

Nelle mie creazioni uso, in parte, anche la scultura. Al momento, però, è la pittura il mezzo della mia espressione artistica.

arte e lockdown

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Arte e lockdown: la parola ai giovani artisti – Art Nomade Milan   Art Innsbruck.

Detto ciò, ritengo che sia molto importante per un artista essere capace di utilizzare qualsiasi medium e poi sceglierne uno nel momento in cui se ne ha bisogno per una determinata opera. L’arte per me è come un gioco, nel senso che trasmette emozioni che ci conducono ad esplorare noi stessi.

–  Giovani artisti e social media: il tuo rapporto con le principali piattaforme online?

Ti dirò, il mio rapporto con i social e le piattaforme online è buono. Mi trovo bene: credo sia un ottimo modo per entrare in contatto, specialmente in questo periodo. I giovani artisti sono poco riconosciuti e hanno pochi mezzi per ottenere visibilità: i social aiutano molto nel creare network e superare le timidezze. 

– So che hai partecipato a molte mostre mercato: come ti sei trovata?  arte e lockdown

Si, mi sono sempre trovata benissimo! Mettere in mostra la mia arte e osservare come la gente la guarda e la valuta mi dà grande emozione. È un’occasione per mettersi alla prova ;).

– Italy versus abroad: ho letto che hai spesso esposto in altre nazioni europee. Come ti sei trovata? È vero che il Bel Paese offre poche opportunità ai giovani creativi?

Sì, ho avuto la possibilità di esporre all’estero ed è stato molto utile conoscere altre realtà.

Purtroppo lo confermo: in Italia per i giovani creativi è difficile vivere della propria arte. Penso, però, che non ci si debba abbattere: una volta trovato il coraggio di “buttarsi”, di proporsi anche perseverando, le possibilità arrivano. Le occasioni esistono: basta crederci e provare.

– Secondo te come è cambiato il mondo dell’arte a causa delle chiusure forzate causate dall’epidemia da COVID-19?  arte e lockdown

Il mondo dell’arte ha sofferto a causa del lockdown. I musei, le gallerie… spero che piano piano si possa tornare alla normalità.

Io stessa mi sono resa conto di quanto sia stato e sia tutt’ora difficile. Per un po’ ho smesso di fare arte. Andavo nello studio e mi domandavo: “E ora? Che cosa faccio?”. Mi sono immedesimata nei panni delle associazioni, dei collettivi, dei piccoli gruppi di artisti…

Per raccontarti un aneddoto, qualche mese fa, ho ricevuto un invito da parte di una Galleria spagnola per partecipare ad una fiera a Bruxelles, ma ho rifiutato.

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Ho detto di no perché non sapevo se ne valeva la pena in un periodo di crisi come questo. Tutto, specialmente a Bergamo, era chiuso. Non si poteva uscire nemmeno per spedire i quadri.

Dopo ho compreso quanto sia difficoltoso il momento anche per queste gallerie. In quel momento mi sono sentita frenata dall’emergenza. Adesso mi rendo conto di come sia importante portare avanti l’arte soprattutto nei momenti difficili. Così ho riscritto al gallerista ed ora siamo in contatto. Sono pronta a ricominciare.

Dobbiamo avere pazienza e lasciarci aperta ogni possibilità: dopo di che siamo liberi di fare le nostre scelte artistiche. 

– Quali sono, quindi, i tuoi progetti futuri?

I mie progetti futuri?!

Sto valutando l’idea di studiare ancora per insegnare al meglio “discipline pittoriche”, nonostante sia insegnante già da un po’. Mi piace tantissimo trasmettere la mia passione agli altri, ma bisogna sempre tenersi aggiornati. Nel frattempo sto creando nuovi lavori, che spero presto di esporre. Ho lasciato tre mostre in stand by: non vedo l’ora che la situazione si normalizzi e che le Gallerie possano riaprire regolarmente.

Le esposizioni si svolgeranno a Torino, Milano e Londra.