La collezione Durand-Dessert va all’incanto da Christie’s

La collezione Durand-Dessert va all'incanto da Christie's

Martedì la filiale parigina della nota casa d’aste ha messo all’incanto 105 pezzi di arte africana provenienti dalla collezione dei galleristi francesi.

Nel 1975 Michel e sua moglie Liliane aprivano la loro prima galleria d’arte in uno dei quartieri più poliedrici e caratteristici della capitale francese: il Marais.

Una scommessa“, dichiareranno in seguito, assolutamente vinta.

Per 30 anni i coniugi Durant-Dessert si sono imposti sul mercato internazionale dell’arte con artisti del calibro di Richter, Beuys, Parmiggiani.

Altro cavallo di battaglia del loro spazio, chiuso nel 2004, era l’Arte Povera

Proprio nello stesso anno il Museo di Grenoble dedicava al lavoro della coppia una retrospettiva intitolata: “L’art au futur antérieur – L’engagement d’une galerie“.

Titolo ripreso nella vendita di Christie’s. 

L’arte al futuro anteriore“, un’espressione spesso utilizzata dai due galleristi. 

Nella grammatica francese si usa questo tempo verbale per formulare ipotesi su azioni che si saranno concluse nel momento in cui si parla.

O che comunque saranno terminate in un determinato futuro.

Curiosa espressione per due appassionati di contemporaneo…che dovrebbe far riflettere i molti speculatori che oggi giorno si danno all’arte per affari 😉 

La collezione Durand-Dessert va all'incanto da Christie's
La collezione Durand-Dessert va all’incanto da Christie’s. Immagine del volume edito dal Museo di Grenoble in occasione della retrospettiva sulla Galleria Durand-Dessert.

Forse non tutti sanno però che Michael e Liliane sono sempre stati amanti dell’arte africana.

Tutto è cominciato a metà degli Anni Ottanta quando iniziarono a visitare alcune esposizioni dedicate al tema in Francia e negli Stati Uniti.

Tra queste vi era anche “African Aesthetics: The Carlo Monzino Collection“, intitolata all’importante collezionista italiano, all’African Center di New York.

Fu poi essenziale l’amicizia nata con un altro grande amatore del genere: Baudouin de Grunne.

Così, nel 1986,  i Durand-Dessert acquistarono la loro prima opera africana.

Una collezione che nel tempo è cresciuta in maniera sistematica cullata da una speciale dedizione.

Del resto le raccolte “sono dei ritratt[i], e [ne]gli oggetti a volte ci riconosciamo, a volte ci proiettiamo” affermava Michel.

Già in passato altre case d’asta avevano curato la vendita di lotti provenienti dai beni Durand. Sotheby’s, ad esempio, aveva messo all’incanto alcuni celebri pezzi contemporanei.

Questa volta è toccato a 105 lotti “tribali”.

Preferisco menzionare il termine “tribale” tra virgolette in quanto davvero desueto per definire l’arte del continente come avevo riportato in un mio precedente articolo.

Devo dire che i risultati della vendita non sono stati niente male, anche se non tutto è stato acquisito.

Complessivamente il totale del venduto ha toccato la quota di 6.124.250,00 Euro.

Il lotto più costoso è stato il 72: la figura Mbembe proveniente dalla Nigeria e datata XVII-XVIII secolo.

La donna intenta a suonare un tamburo è stata battuta per 1.927.500 Euro.

In realtà il valore dell’opera era stimato 2.000.000 – 3.000.000,00 di Euro.

Dunque il compratore ha fatto un “affare”  😉

Le sculture Mbembe sono tra i più antichi e spettacolari manufatti in legno dell’Africa sub-sahariana. Ad oggi ne sono arrivate fino a noi meno di 20. 

La collezione Durand-Dessert va all'incanto da Christie's
La collezione Durand-Dessert va all’incanto da Christie’s. Figura femminile Mbembe intenta a suonare un tamburo, legno, XVII-XVIII sec., Nigeria sud-orientale.

Eccezionale anche la statua Fang appartenuta al celebre mercante Paul Guillaume da sempre annoverata tra le opere simbolo del classicismo africano.

La collezione Durand-Dessert va all'incanto da Christie's
La collezione Durand-Dessert va all’incanto da Christie’s. Statua Fang, Gabon, appartenuta al mercante Paul Guillaume.

Curioso che quest’ultimo pezzo non sia stato aggiudicato.

Non c’è che dire: l’arte africana, anche quella contemporanea, attira sempre di più collezionisti e semplici curiosi.

Le mostre dedicate al tema si stanno via via moltiplicando.

Tanto per citarne una al MAXXI di Roma, fino a Novembre 2018, va in scena “African Metropolis. Una città immaginaria” che si presenta come “una panoramica approfondita sulla scena artistica e culturale del continente africano“.

Eppure l’arte africana non riesce ancora a camminare a braccetto dell’arte europea, come si nota dai risultati delle aste. 

Ottime riuscite, ma non comparabili ai record raggiunti da un Fontana o da un Picasso.

A cosa è dovuto tutto ciò?

Una conoscenza del genere tuttora poco approfondita anche tra gli operatori del settore?

Ignoranza sull’argomento accompagnata da un’immagine non edificante dell’Africa trasmessaci dai media? Razzismo? 

Senza arrivare al disfattismo, forse la soluzione è più semplice: probabilmente il mito del “buon selvaggio” e l’idea novecentesca dell'”arte negra” non ci hanno ancora abbandonato del tutto.

Un Fontana è pure sempre un Fontana“, non paragonabile a qualsivoglia artista africano coevo, mi sembra di sentir riecheggiare…

In realtà il concetto di diverso, di estraneo dai nostri paradigmi esiste finché sopravvivono i paradigmi stessi. Appena si cambia punto di vista anche ciò che inizialmente è considerato differente muta. 

Perché alla fine “l’unica cosa che conta è la bellezza formale dell’oggetto e contemporaneamente il sentimento che crea; qualcosa che è profondamente vero, essenziale e vitale” come sosteneva il collezionista Baudouin de Grunne parlando della raccolta dei Durand-Dessert.

La collezione Durand-Dessert va all'incanto da Christie's
La collezione Durand-Dessert va all’incanto da Christie’s. Cimiero gianiforme Ungulali. 

A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018

La 49esima edizione della mostra-mercato ha riservato numerose sorprese anche in campo “tessile”.

Provare per credere o meglio…leggete per scoprirle 😉

Lasciatemelo dire: occuparsi di Fiber Art od anche solo appassionarsi all’argomento richiede il coraggio di un esploratore e la pazienza di un monaco certosino.

Le retrospettive dedicate al tema si contano sulle dita di una mano, quasi sempre poco pubblicizzate.

L’amante della creazione tessile, per rimanere aggiornato, veste i panni di un moderno Indiana Jones affidandosi a giornali locali, gruppi Facebook con pochi iscritti e soprattutto al passaparola. 

Esistono tante associazioni interessanti, ma a livello locale.

Poco sponsorizzate, soffrono del male che spesso attanaglia il sistema culturale italiano: la mancanza di fondi.

Eppure si era partiti bene…negli anni Sessanta le Biennali di Losanna avevano portato linfa e modernità nell’ambito dell’arte tessile.

Si era davvero al passo con i tempi con creazioni avveniristiche che nulla avevano da invidiare agli altri media artistici.

Poi, dal 1995, anno della fine della manifestazione, la Fiber Art è stata colta da una sorta di sindrome della “bella addormentata”: sonnecchiando è tornata nell’ombra in attesa di un magico e portentoso risveglio. 

Piano piano il grande pubblico ha quasi scordato cosa significhi questo termine inglese e le nuove generazioni lo ignorano.

Credetemi: per chi si avvicina all’argomento è davvero difficile capire quali opere artistiche possano essere classificate come Fiber Art.

Non bisogna però essere totalmente disfattisti: negli ultimi tempi qualcosa si “muove” come dimostra il buon numero di opere tessili esposte alla 57esima Biennale di Venezia lo scorso anno.

Dunque i puristi dell’argomento mi perdoneranno se, presa dalla brama di Fiber Art, inserirò nel calderone opere di datazione differente create da artisti dediti in maniera non esclusiva al lavoro su tessuto.

Bene, animata come sempre da queste buone intenzioni, girovagando tra gli stand di Art Basel mi sono messa a cercare del tessile.

E devo ammettere che quest’anno le sorprese non sono mancate 🙂

La prima piacevole scoperta è stata il ritorno sulla cresta dell’onda di Sheila Hicks.

L’ottantatreenne artista americana ha dedicato la sua vita alla Fiber Art.

Dopo la partecipazione alla Biennale di Venezia dello scorso anno (come dimenticare la parete di “gomitoli” colorati dell’Arsenale?!) anche Art Basel le ha reso omaggio.

A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018. Sheila Hicks, “Scalata al di là dei terreni cromatici”, Venezia 57esima Biennale 2017.

Una dedica davvero “preziosa” visto che, trattandosi di una mostra-mercato, evidenzia un rinnovato interesse da parte dei collezionisti. Nelle tre gallerie che esponevano suoi pezzi mi riempie di orgoglio il fatto che ci fosse anche la bresciana Galleria Massimo Minini

A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018. Sheila Hicks, Galleria Massimo Minini, Art Basel 2018.

Uno stand interessante quello della Massimo Minini che citava pietre miliari del passato come dOCUMENTA 5, diretta nel 1972 da Harald Szeemann.

Annata fortunata per la Hicks: il Centre Pompidou le ha dedicato una retrospettiva (“Sheila Hicks. Lignes de vie) ed il Museo d’Arte Moderna della città di Parigi le ha chiesto di produrre un’installazione da esporre nella hall dell’istituzione già dominata da una scultura al neon di Lucio Fontana

É proprio vero che quando l’interesse verso un’artista cresce le gallerie e le istituzioni agiscono di conseguenza. O è l’attività delle medesime che punta a far tornare in auge chi di dovere?! 😉

Restando in clima d’oltralpe la Galerie Lelong ha dedicato l’intero stand a Etel Adnan. La poetessa e saggista libanese-americana è anche un’artista visuale che oltre ad oli ed acquerelli ha creato dei magnifici arazzi. Le sue opere sono forse ancora poco conosciute in Italia, nonostante una sua tela sia presente nella collezione del Castello di Rivoli. 

A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018. Etel Adnan, “Marée Basse”, 2018. Galerie Lelong, Art Basel 2018.

La tessitura è stata una sorta di metafora della vita per la Adnan, come esplica nel suo libro “Life is a weaving“.

Purtroppo non esiste ancora un volume dedicato alla sua produzione tessile, come confermatomi della responsabile della galleria.

Anche Ghada Amer attribuisce significati profondi alle sue composizioni, nate da un mix di media differenti tra cui filati di varia natura. Interessante che tra le tre gallerie che la proponevano ce ne fosse una asiatica (Kukje Gallery). 

A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018. Ghada Amer, “You are a Lady”, 2015 (acrylic and embrodery on canvas). Goodman Gallery, Art Basel 2018.

Ma chi quest’anno ha veramente stupito i Fiber-amanti è stata la messicana Galeria OMR dedicando un’intera parete agli arazzi di Yann Gerstberger, giovane artista di 35 anni. 

A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018. Yann Gerstberger, arazzi, Galeria OMR, Art Basel 2018.

Gerstberger, nato a Cagnes sur Mer, dopo gli studi a Marsiglia ha deciso di stabilirsi a Città del Messico.

Del resto l’America del Sud è la culla di tradizioni tessili particolari ed antichissime.  

La brasiliana Galeria Luisa Strina ha esposto opere che ricordano in piccolo gli intrecci di Ernesto Neto, un altro big dell’ambito. Come non ricordare le sue “reti”, di cui una esposta anche all’Expo 2015 a Milano?!.

A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018. Laura Lima, Galeria Luisa Strina. Art Basel 2018.

A conti fatti il vero exploit lo si è però raggiunto nella sezione Unlimited, grazie alle dimensioni monumentali delle opere.

Ben tre lavori si potevano ascrivere al panorama della Fiber Art:

  • Polly Apfelbaum, “Deep Purple, Red Shoes II”, 2015 (cotone e lana tessuti e colorati a mano) patrocinata dalla Frith Street Gallery di Londra;
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018. Polly Apfelbaum, “Deep Purple, Red Shoes II”. Frith Street Gallery, Art Basel 2018.
  • Josep Grau-Garriga, “Hores de llum I de foscar”, 1986 (arazzo di cotone, lana, seta, fibre sintetiche e stracci) promosso dalla Galerie Nathalie Obadia. Garriga è stata una figura fondamentale per la diffusione dell’arte tessile. A lui ed al committente Miquel Samaranch si deve la nascita del Museo del Tappeto Contemporaneo di Sant Cugat del Vallès in Catalogna;
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018. Josep Grau-Garriga, “Hores de Ilum I de foscar”, 1986. Galerie Nathalie Obadia, Art Basel 2018.
  • Sam Gilliam, “Untitled”, 2018, installazione della Davis Kordansky Gallery di Los Angeles. Se consideriamo le modalità di creazione l’opera dell’astrattista americano è quella che rimanda meno alla Fiber Art. Ciò che però colpisce è che Sam Gilliam abbia scelto, per un lavoro monumentale, il tessuto come miglior mezzo di espressione delle sue capacità pittoriche.
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018. Sam Gilliam, “Untitled”, 2018. David Kordansky Gallery, Art Basel 2018.

Sicuramente il numero delle opere tessili esposte superava quello di Art Basel 2017. Inoltre potrei essermi persa qualche lavoro, viste le 290 gallerie presenti.

Comunque la speranza sorge spontanea…che la Fiber Art, “bella addormentata”, abbia trovato il principe capace di risvegliarla dal sonno eterno?!

Con questa auspicio vi lascio ad una carrellata di altre immagini 🙂

A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018. Paul Morrison, “Nachtfeld”, 2018, arazzo. Galerie Sabine Knust, Art Basel 2018.
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018. Enrico David, “Untitled”, 2018, lana su cotone. Michael Werner Gallery, Art Basel 2018.
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018. Christina Forrer, “Untitled (Open Mouth)”, 2018, lana e cotone. Luhring Augustine Gallery, Art Basel 2018.
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018. David Renggli, “Floorplan Desire Painting (My Venice is Your Venice), 2018, fibre di iuta e acrilico su legno. Galerie Peter Kilchmann, Art Basel 2018.
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018
A tutto tessile: la Fiber Art ad Art Basel 2018. Ei Arakawa, “Performance People (Cut Piece July 20, 1964, 8.30 PM, Kyoto, Japan)”, 2018, led, trasmettitori, tessuto tinto a mano, metallo, batterie, sd card.